IL DIPINTO DEL KUERC

IL DIPINTO DEL KUERC

Il kuèrč, che domina la piazza di Bormio, è stato l’edificio deputato all’esercizio del potere giudiziario. In un documento del 1387 viene infatti indicato come “luogo dove si rende giustizia”. Dopo oltre quattro secoli, precisamente nel 1855, questo simbolo dell’autonomia bormina venne distrutto da un terribile incendio che si propagò anche alla vicina collegiata lambendo la torre civica. La comunità volle che fosse tempestivamente ricostruito.

Com’era il kuèrč prima di quell’incendio?

Purtroppo non esistono documenti visivi (copie, schizzi) antecedenti a quella data. Per nostra fortuna, grazie a don Ignazio Bardea, il maggior storico del contado di Bormio, sappiamo che il kuèrč era completamente affrescato.

Piegandosi al gusto esotico del suo tempo, don Ignazio scrisse un romanzo epistolare “Lo Spione chinese”. L’Asia nel Settecento era di moda e don Ignazio immagina che lo spione, un “osservatore” nei panni di un mandarino cinese venuto ai Bagni di Bormio per passarvi le acque, corrisponda con due suoi pari residenti rispettivamente a Milano e a Parigi. L’alto funzionario approfitta dell’occasione per visitare il borgo e così descrive il fondo del Kuèrč (termine dialettale per “coperchio”):

Dal Palazzo fui condotto nella piazza ad una loggia che chiamano il Coperchio. Nel fondo di questa si vede in forma semicircolare una continuazione di sedili sopra dessi dipinte sono delle insegne, o arnie pubbliche, nelle quali male a proposito tra cristiani, stanno insieme li corni e le croci. Mirasi pure la figura di un genio che rappresenta la giustizia, e sopra desso in un angolo leffigie di un uccello notturno.

 

La testimonianza figurativa del Bardea richiama un altro significativo reperto di carattere storico.
Nella vicina Tirano sulla volta della Porta Poschiavina, lungo l’Adda, è tuttora visibile un affresco realizzato nel 1553 (praticamente tre secoli prima dell’incendio bormino).

Come nella descrizione del Bardea riguardante il Kuèrč, l’affresco tiranese ripropone la tradizionale raffigurazione della giustizia (donna che regge con una mano la bilancia e con l’altra la spada) contornata da stemmi non sempre leggibili e di varia simbologia.  Come vedremo ben diverso è il caso del Kuerč che rinvia a precisi segni distintivi della storia bormina.

Nel 1970 il professor Roberto Togni, fondatore del museo civico di Bormio, sosteneva:

“…l’elemento storico ed artistico può tradursi in un potenziale valore economico.  Il patrimonio artistico ereditato dagli avi deve uscire dal suo stato di ibernazione e trovare nuovo ossigeno nel gioco solidale tra bormini e “foresti”.

 

Foto di Don Ignazio Bardea al Museo Civico di Bormio

Per “darvi nuovo ossigeno”nel 2017 il Centro Studi Storici Alta Valtellina organizzò il Concorso Internazionale di pittura Roberto Togni.  Aveva come tema la creazione di un dipinto fedele alla descrizione del Bardea. Vi parteciparono 51 artisti e vinse il cinese Xiyu Guo.

Al vincitore venne affidato il compito di realizzare su di una grande tela il suo dipinto. Lo scoprimento dell’opera è avvenuto sabato 1 febbraio 2020 alla presenza delle autorità locali e con una folta partecipazione di pubblico.

 

 

                Spiegazione del dipinto da parte dell’artista Xiyu Guo

Ho rappresentato la giustizia con una donna giovane, forte e dinamica. È difficile garantire la giustizia mantenendo in equilibrio la bilancia”.

Ci sono forze negative come la corruzione e la menzogna, simboleggiate dal pipistrello e dal fronte di soldati a sinistra del dipinto, che cercano di colpire sui fianchi. La giustizia resiste.

Ci sono forze negative che nascono dalla ricerca di potere e dall’avidità dell’uomo. Sono simboleggiate dai soldati sul fronte destro del dipinto, che cercano di infrapporre ostacoli. La giustizia resiste.

La giustizia ha una mano forte e riesce, nonostante tutto, a mantenere l’equilibrio.

La giustizia è dinamica. Non indugia, ma combatte per difendere i giusti che sono simboleggiati dal suo seguito.

La giustizia è giovane, perché servono forza, energia ed entusiasmo.

Il viso della giustizia potrebbe sembrare triste. In realtà, ha solo un’espressione preoccupata, perché si rende conto delle difficoltà e della fragilità dell’uomo.

Ho immaginato, oltre al vostro occhio che osserva la giustizia frontalmente, anche altri occhi. L’occhio della corruzione e della menzogna (prima prospettiva a sinistra), l’occhio della sete di potere (seconda prospettiva a destra) e l’occhio del cammino della giustizia nei secoli rappresentato dagli uomini che hanno combattuto al suo fianco (terza prospettiva dal fondo).

Infine, c’è il vostro occhio (quarta prospettiva). Nel cammino davanti alla giustizia, tra voi e la giustizia, si può intravedere una bandiera bianca, che non vuole significare la resa della giustizia, ma trasmettere un segno di speranza. Il bianco sta a significare purezza e trasparenza come auspicio per un futuro dove prevalga il bene sul male.

Il soldato di fianco alla giustizia ha gli occhi che fanno pensare ad un cinese come me. Non è un modo per firmare indirettamente il dipinto. Ho voluto, invece, ricordare Ignazio Bardea, che, grazie allo Spione cinese, ha lasciato testimonianza dell’affresco andato distrutto. Ho inteso evidenziare una coincidenza che ha dell’incredibile.

Come già detto, verso la fine del Settecento lo storico don Ignazio Bardea raccontò il viaggio di un mandarino cinese nella Rezia al di qua delle Alpi con mèta i bagni di Bormio per la cura delle sue celebrate acque termali. Profittò del soggiorno per comunicare epistolarmente a due suoi compatrioti la visita del borgo indugiando particolarmente nella descrizione dell’affresco che ricopriva il fondo semicircolare del Kuèrč.

Per una singolare coincidenza a risultare vincitore del concorso internazionale di pittura “Roberto Togni”, bandito nel 2016 e incentrato sulla descrizione del dipinto del Kuerc ad opera di un cinese fittizio, due secoli dopo è stato un autentico cinese proveniente dalla Cina con una borsa di studio presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze e domiciliato a Fiesole.

Questa sorprendente casualità ha indotto l’artista Xiyu Guo a dichiarare: “Con la fantasia ho immaginato che il cinese raffigurato nel dipinto sia il mio trisnonno e che io sia stato ispirato da lui nella realizzazione dell’opera”.

 

Cenni storici legati al dipinto

 

L’artista Xiyu Guo ha efficacemente inquadrato il dipinto ispirandosi a motivi ornamentali presenti nella chiesa di Sant’Ignazio a Bormio. Lo scopo intende sottolineare la profonda religiosità che ha sempre accompagnato nei secoli la storia del contado.

Nel 775 Carlo Magno donò infatti al monastero di Saint Denis a Parigi, la pieve di Bormio con tutta la Valtellina. Nei secoli successivi il vescovo di Coira rivendicò i diritti feudali su Bormio battezzandolo “Domus Dei” (Casa di Dio), ostacolato però dal vescovo di Como che intendeva esercitarvi non solo il potere spirituale ma anche quello temporale.

Con la calata dei Grigioni nel 1512, dopo un decennio di dominazione francese, il contado di Bormio divenne territorio suddito delle Tre Leghe e continuò a beneficiare di una larga autonomia e, rispetto ad altri centri della Valle dove il movimento riformato stava insinuandosi con successo, rimase compattamente fedele al cattolicesimo.

La cornice pittorica del dipinto vuole ricordare, attraverso gli ornamenti ispiratori, la chiesa di Sant’Ignazio con le pregevoli opere barocche che vi sono custodite, ma anche i gesuiti che la fecero edificare esercitando dal 1632 una preziosa attività d’insegnamento impartito nel contiguo ginnasio sino allo scioglimento dell’ordine (1773).

Alla base del dipinto campeggiano tre stemmi: centralmente l’insegna di Bormio affiancata, a sinistra, dall’emblema figurativo del ducato di Milano e, a destra, da quello delle Tre Leghe Grigie.
Come si è detto, indicativamente, dagli ultimi anni del primo millennio sino al 1350, il potere vescovile di Coira riuscì a contenere in buona parte i diritti reclamati dal vescovo di Como. Questa situazione di stallo permise al contado di Bormio di trascorrere lunghi periodi di piena autonomia.

Risale a quell’epoca nei documenti ufficiali lo stemma della “Communitas Burmii”, croce bianca in campo rosso, come l’emblema di Como città alla quale i successori del Barbarossa riconobbero la signoria su Bormio.

 

Dal 1350 il contado di Bormio passò sotto la dominazione dei Visconti  che avevano come stemma il biscione. L’inquartato con l’aquila ottenuto dal duca Gian Galeazzo Visconti venne trasmesso per diritto di successione agli Sforza con lo stemma riportato di fianco.

Per centocinquant’anni, sino alla soglia dell’evo moderno, la comunità di Bormio visse un lungo periodo di pace e di prosperità godendo di tante franchigie: la più remunerativa consisteva nell’esportazione di tutto il vino valtellinese nei paesi d’oltralpe.

Dal 1512 sino al 1797 (annessione alla Repubblica Cisalpina)  il contado di Bormio fu terreno suddito delle Tre Leghe Grigie.

Qui di fianco lo stemma:

  • il quarto grigio e argento rappresenta la Lega grigia;
  • il quarto azzurro e oro la Lega delle dieci Giurisdizioni;
  • lo stambecco nero rampante rappresenta infine la Lega della Casa di Dio (Lega Caddea).

  

 

Il pipistrello

                    Pipistrello realizzato dagli artigiani Giovanni Cantoni e Adriano Clementi che volò dalla Torre Civica al Kuerc nel 2017 grazie alla guida alpina Matteo Schena.

Nel dipinto “al di sopra la giustizia” è presente un uccello notturno. Il Bardea precisa che quel volatile è un pipistrello, che trasformandosi ora in topo ora in uccello, riesce a sfuggire sia dal gatto che dal nibbio.

Il pipistrello, secondo il Bardea, è il nemico invisibile della corruzione e della menzogna, utilizzato da certuni per ottenere, in modo scorretto, vantaggi e profitto. E’ un male oscuro sempre presente che porta danno all’intera comunità.

Altre Curiosità

Il dipinto è stato eseguito su tela, a Fiesole, in circa tre mesi di lavoro dall’artista Xiyu Guo. Per la lavorazione e il trasporto è stato realizzato in tre parti.  A Bormio il dipinto è stato poi incollato ad un apposito telaio in alluminio e appeso al soffitto utilizzando due ganci già esistenti senza intaccare le pareti del Kuèrč (procedimento riscontrabile in altri musei ed edifici storici).

A vivacizzare la cerimonia d’inaugurazione ha concorso un gruppo di sbandieratori e tamburi di Cossato (Biella) che si sono esibiti anche nel piazzale delle Scuole. La loro partecipazione ha avuto fini solidali: il ricavato della loro prestazione è stato devoluto a favore dell’Associazione umanitaria “Mato Grosso”.

Questa iniziativa persegue inoltre, una finalità educativa. Deliberato è infatti l’intento di organizzare visite guidate per le scuole, di ogni ordine e grado, mirate a sensibilizzare gli studenti, e altresì i turisti, alle attrattive della “Magnifica Terra” nei risvolti storicamente legati al suo glorioso passato. Il Kuèrč ne è un monumento ineludibile.

L’inaugurazione del dipinto è stata associata ai Mondiali di “Short Track che si sono svolti a Bormio dal 30 gennaio al 2 febbraio 2020. Anche in questo caso l’intento mirava a mostrare ai giovanissimi atleti, provenienti da tutto il mondo, che il contado di Bormio non è solo sport ma anche arte e storia.

L’ artista Xi You Guo ha così donato a tutti gli atleti delle trentasette nazioni una “stampa ricordo” intitolata:

“Io c’ero”

 

I pattinatori dello Short track con tutte le bandiere delle nazioni partecipanti ai Mondiali 2020 sono la prova che lo SPORT è un elemento di “unione” delle bandiere che impegna anche il “futuro”.

L’affiancato dipinto del Kuèrč con le tre bandiere mostra come, attraverso la raffigurazione artistica, il “passato” sia stato spesso “diviso” dalle bandiere.  L’emblema araldico delle potenze dominanti Bormio vuole comunque sottolineare l’autonomia riconosciuta al contado nel corso di quasi sette secoli.